Intervista ad Alex Marenga sul nuovo album "Materia"

innanzi tutto partiamo dal titolo, come nasce la scelta di "Materia"?

Sono stato sempre interessato all'approccio pittorico e scultoreo all'arte.
Sia ai materiali impiegati, come nel caso di Louise Nevelson o di Alberto Burri, che al gesto come nel caso di Jackson Pollock che alla concezione di spazio come nel caso di Fontana.
Tento di liberarmi del mio background di chitarrista impostato e di usare la chitarra e il suo suono come materia primordiale.
La pittura è un'arte che mi ha sempre interessato e che forse avrei anche percorso se ne avessi avuto l'opportunità, mi interessa come sia riuscita ad emanciparsi, dopo l'avvento della fotografia, dalle strettoie figurative. Non è un caso che il primo guizzo rivoluzionario del novecento dai vecchi principi nell'estetica della musica lo possa aver dato Luigi Russolo con L'Arte del Rumore.



un brano cita Lucio Fontana e un suo lavoro noto "Concetto Spaziale"

Nel caso delle arti figurative lo spazio è fisico, l'opera di articola nel perimetro di una tela, di una parete, di una facciata di un palazzo o di una stanza.
La musica occidentale si articola nel tempo, un brano ha una durata nel quale muta o si ripete e la sua dimensione di sviluppo è quella temporale.
La musica "contemporanea" ha sviluppato interessantissimi concetti di musica spaziale, con la quadrifonia o i suoi multipli, sfruttando lo spazio all'interno di un'area di ascolto come materia della composizione stessa.
Purtroppo mi devo confrontare con la musica registrata e il limite stereofonico è, in questa fase storica, invalicabile (al netto del fallimento del Dolby 5:1 fuori dal perimetro cinematografico).
Burri ha trovato un modo per valicare il tempo, ha reso le sue opere in continua mutazione linearmente nel tempo utilizzando un materiale organico, le muffe. Un'idea che si riflette poi nella video-arte ma entriamo in un territorio diverso.



I riferimenti a Burri sono vari

Si mi interessava, pur non essendo un "esperto" di arti figurative, lavorare sulle sensazioni indotte da alcune opere, mettere al centro alcune riflessioni che stavo facendo su questi artisti. Alberto Burri è uno di questi.




La maggior parte del disco è fatta con chitarre e chitarre synth?

Si, ho usato dei sintetizzatori in Odissey, un piccolo omaggio a Terje Rypdal e a un disco "storico" del chitarrismo alternativo degli anni 70.
Nel secondo movimento ho usato scale microtonali per sfruttare la sensazione di incompiuto, di sospeso che generano gli intervalli inferiori al semitono.
Non ho inventato nulla di particolare, il mio approccio è quello dell'improvvisazione consapevole e concettuale.
Se voglio esplorare una direzione metto in campo un'improvvisazione che esplora una direzione.
Ma mi piace anche lavorare di post-produzione, sia con il mixer che con l'effettistica.



Come nasce questo interesse per l'improvvisazione?

Nasco come chitarrista di jazz contaminato negli anni 80, il jazz fa parte del mio background.
Sono stati, per me, illuminati alcuni seminari con Steve Lacy e George Russell che si tennero al vecchio Saint Louis a Roma che frequentavo nei primissimi anni 80
Ho sviluppato l'improvvisazione negli anni successivi arrivando anche a performance di improvvisazione totale e aleatoria anche multidisciplinare, con artisti di altre discipline.
Ho partecipato come docenza, anche a seminari diretti a coreografi e pittori, all'Accademia delle Belle Arti, sull'improvvisazione.
Nel corso degli anni ho avuto varie collaborazioni in cui l'improvvisazione è stata portata all'estremo con ogni tipo di strumento che sono in grado di controllare, ovviamente anche i synth e i computer. Esperienze molto interessanti in questa direzione sono state quelle con Sign of Sound, collettivo di danza pittorica, e con Sainkho Namtchylak.
E' per me un processo di composizione radicato e ampiamente sperimentato.



cos'è questa cosa di "Augmented Guitar"?
Lavorando su varie tecnologie di chitarra synth e di processo digitale del suono della chitarra, esperienza che perseguo da moltissimi anni, ho capito che si stava profilando un vero e proprio repertorio basato su questo genere di studio sullo strumento.
Ho quindi iniziato a delimitare le produzioni realizzate con questa impostazione con questo naming per differenziarle dalle produzioni più ambient, noise, techno, glitch etc che realizzo con altri progetti.



Utilizzi chitarre particolari?

Da un lato servono strumenti e hardware dedicati, specie per l'uso di synth fisici, quindi controller anche semplici come YRG (You Rock Guitar) o pick-up esafonici stile Roland.
Ma per processare il suono analogico in modo digitale prediligo chitarre con i single-coil, anche se ho provato a usare anche gli humbuckers, in quanto sul loro suono più sottile è possibile costruire meglio tessiture e architetture timbriche.
In realtà sarebbe ottimale avere una chitarra custom con ibridazioni varie. Di solito smanetto molto gli strumenti per adattarli. Ma sostanzialmente tendo a usare la Telecaster, ma ho fatto anche uso di Dobro e chitarre hollowbody in alcune occasioni.



come nasce la copertina?

in una strada sterrata in un campo dopo un grande temporale, un sacco di iuta immerso in una pozzanghera di fango. Fango e iuta creavano geometrie casuali che mi hanno evocato il mondo che in quel momento mi stava ispirando. Di solito lavoro con la video-arte ma realizzo quasi sempre da solo le copertine e quindi scatto fotografie quando mi evocano un immaginario o ci scorgo un possibile sviluppo digitale. Niente di particolare.

quali riferimenti hai nel mondo chitarristico a fronte di un uso "alternativo" dello strumento?

Pur essendo nato come seguace di chitarristi "convenzionali" ad un certo punto sono entrato in contatto con personaggi fuori dal comune come Derek Bailey di cui lessi il libro sull'improvvisazione.
Gradualmente vari altri personaggi delle più diverse estrazioni hanno iniziato ad interessarmi, sia storici come Sonny Sharrock, Syd Barrett, Daevid Allen, Fred Frith, Robert Fripp, Daniel Lanois, Lou Reed ma anche successivi come David Torn, Adrian Belew, Pat Metheny, Bill Frisell, Bill Orcutt, Terje Rypdal, Lee Ranaldo, Marc Ribot, Henry Kaiser, Loren Mazzacane Connors, Glenn Branca, Stian Westerhus, Eivind Aarset .
Oggi devo dire il panorama è in grande fermento, la mia vicinanza al glitch ambient mi ha messo in relazione con i lavori di Christian Fennesz, Oren Ambarchi e Ben Frost ai quali senz'altro sono più affine data la mia produzione puramente elettronica.

tu hai anche un forte interesse per il futurismo
si è vero, il mio interesse è iniziato oltre trent'anni entrando in contatto con Luigi Russolo. Comprai una copia de "L'Arte del Rumore" a Porta Portese e la diffusi in pdf su un mio vecchissimo sito web.
Se da un lato compresi che l'estetica delle avanguardie storiche, specialmente a livello cinematico, anticipava quella dell'arte digitale, cogliendone quindi alcune similitudini formali dall'altro, in particolare per il futurismo, ho compreso che il rinnovamento estetico invocato da Marinetti poteva in realtà essere applicato alle nuove condizioni dello sviluppo delle società di massa.
Come la Milano dei primi del 900, con le sue automobili con il motore a scoppio, la sua illuminazione elettrica, i suoi tram sconvolgevano la quotidianità urbana con nuovi suoni, lo sviluppo dell'elettronica e del digitale imponeva un nuovo paradigma nel quale la vita stessa, dalla sequenze del DNA alla dichiarazione dei redditi, veniva traslata in digitale, in codici a barre e organizzata in bit nelle memorie degli hard disk.
Il digitale ha sostituito i suoni industriali del futurismo con blip e suonerie man mano che cellulari, scanner, stampanti e computer hanno invaso le nostre vite e il compito della musica è rappresentare la contemporaneità con i codici adeguati.
Pertanto per me la musica che impiega la tecnologia è quella più adeguata alla nostra epoca. Una specie di Futurismo digitale. Ed è per questo che tento di rileggere anche la chitarra attraverso questo nuovo sguardo, per lo meno ci provo.

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